La ricerca di Raffaele Fasiello si sviluppa come una narrazione visiva ininterrotta, che pur organizzandosi in cicli fotografici distinti, è caratterizzata da una forte personalizzazione dei soggetti scelti e dalla presenza costante dell’elemento autobiografico. Lontanissimo da un’idea della fotografia come indagine sociale, Fasiello sembra piuttosto interessato a un lavoro basato essenzialmente sulla memoria. Se da un lato il suo lavoro si rifà alle poetiche del corpo, dell’identità e della marginalità, dunque della fotografia pensata come diario personale, con un rimando immediato alle esperienze degli anni Novanta come quelle di Nan Goldin o di Wolfgang Tillmans, dall’altro il suo sguardo porta in sé un senso di “verità nuda“. Non si tratta semplicemente di immagini “forti”, della radicale messa in comune della sfera privata che in esse si attua, ma di ciò che dietro ad esse mi muove e consuma.